Truphy

 

Sul tabellone principale comparve la scritta “ULTIMO GIRO”. Sugli spalti crebbe all’unisono l’euforia degli spettatori.

L’immenso aereo-circuito racchiudeva più di 100000 persone asserragliate in una struttura coperta e confortevole.

I piloti stavano a cavalcioni, avvinghiati nella posizione più aerodinamica possibile, alle loro moto a propulsione.

I caschi ad ossigeno, e le variopinte tute distinguevano i vari beniamini del pubblico.

Sul tabellone apparve ora una riproduzione gigante del casco blu scuro del primo pilota, il pubblico si lasciò trascinare e cominciò a incitare il campione.

-Van, Van…-  Gridavano di gioia le ragazze del team.

Tutti ammirarono l’ultima decisiva tornata, le moto saettarono nel grosso tubo cilindrico trasparente, proprio sotto la tribuna centrale, i campi elettromagnetici lasciavano libertà di movimenti tridimensionali, e consentivano una mobilità quasi illimitata ai bolidi a reazione.

I tubi seguivano traiettorie spiraleggianti e quando le moto si avvicinavano paurosamente al bordo estremo fremevano violenti, lanciando nell’etere un rombo impressionante, e sviluppando per questo violente onde d’urto.

Il boato rornbante di macchine a reazione, le scie luminose, i tubi trasparenti, la sensazione di coraggio e di eccezionalità, l’ansia collettiva della gente consumava nella corsa di Arlea, più che in ogni altra corsa sensazioni di irripetibile coinvolgimento.

Lo speaker tuonava dal microfono e dettava i tempi allo spettacolo:

-Eccoci giunti all’ultimo incandescente giro, cosa potrà fermare Van Prisco! Sembra aver ormai accumulato un considerevole vantaggio, vincerà, questa volta vincerà, il campione dei campioni vincerà finalmente l’unica corsa che non ha mai vinto!-

­Una sirena ne interruppe le parole e cominciò a trillare, dopo secondi di silenzio la voce si rialzò dalla tribuna:

-Il momento è drammatico, sembra che una bambina. sfuggita nella calca al controllo della madre, abbia violato le recinzioni e, incuriosita dal colore azzurro dei tubi, si stia avvicinando al circuito...-

Immediatamente le telecamere focalizzarono il punto preciso dove si svolgeva la scena, e sul tabellone fu visualizzata la scena.

Una bimba vestita di bianco, avrà avuto al massimo sei anni,  per un secondo su uno dei tabelloni appare il suo viso ovale e i suoi occhi verdi inconsapevoli del pericolo, poi l’inquadratura si allargò e la mostrò saltellare in prossimità di una curva di basso angolo, i corti capelli neri rilucevano dei bagliori della pista, tra pochi secondi Van Prisco sarebbe passato lì e le vibrazioni della struttura avrebbero spezzato in due il fragile corpicino dell’incolpevole ragazzina.

La folla ammutolì di colpo, dai microfoni si distinguevano soltanto le grida della madre disperata che avrebbe voluto lanciarsi in una corsa disperata oltre le recinzioni, ma che veniva trattenuta dai troppo pavidi commissari.

Non era possibile avvertire i piloti di testa che notoriamente staccavano la ricezione nell’ultimo giro di percorso, tutti gli altri avvertiti dai box smisero subito di gareggiare, ma i primi due, inconsapevoli proseguivano la folle corsa.

Van Prisco era in simbiosi perfetta col suo mezzo meccanico, calcolava con precisione le pieghe che doveva seguire, era concentratissimo, ma qualcosa sembrò distrarlo.

Diede un’ occhiata rapida alla folla e la vide attonita, quasi paralizzata, dov’era l’euforia della fine di una gara, dov’era il clamore che aveva seguito tante volte le sue ultime gesta in una corsa.

Forse gli abitanti di Arlea erano di colpo divenuti impassibili all’emozione più esaltante di tutto il sistema.

Poi notò che non c’era nessuna moto da doppiare, mentre era stato avvertito precedentemente via radio di parecchio “traffico

Allora si decise, roteò la testa all’indietro per valutare il vantaggio che aveva sul secondo, non riuscì a vedere nulla e questo lo rassicurò, accese il microfono e chiese spiegazioni al suo team.

Il pianto disperato della madre della bimba fu di colpo interrotto dalle parole dello speaker:

-Van Prisco è stato avvertito! Van Prisco sa! Guardate stà rallentando... Ma che cosa accade sta accelerando di nuovo?

Cosa avrà in mente di fare? La sua moto si stà avvicinando proprio ora al punto più pericoloso, eccolo sta frenando rovinosamente, l’ha messa di traverso per impedire a Shantom che lo segue di fare la traiettoria migliore ed attutire così l’onda d’urto-.

­Van abbandonò di corsa il punto critico, e cominciò a correre trovò subito una delle prese d’aria che collegavano l’interno del circuito con l’esterno e si gettò al di fuori.

Abbandonò ora il casco azzurro, si slacciò di corsa le maglie più asfissianti della tuta e tra i monumentali generatori di tensione afferrò al volo la vita della bimba.

I lucidi capelli scuri si mossero lentamente e assunse un’espressione attonita, ma non fu terrorizzata dalla presa decisa del pilota, che continuava a correre febbrilmente.

I suoi occhi verdi presero a fissare il viso contratto dalla fatica del pilota.

-Shantom non si è accorto dei segnali luminosi sul percorso, vedendo rallentare Van Prisco è troppo concentrato nell’inseguimento, punta alla vittoria! Pochi secondi e sarà sulla curva.-

Van vedeva il muro divisorio e le reti della recinzione. Corse. Corse come mai aveva corso prima, il fiato era corto, i nervi erano tesi, il momento era traumatico, poi ecco, disse alla bimba con voce decisa:

-Tieniti forte a me, stringimi il collo-. Van prese ad arrampicarsi per la rete velocemente e sulle sue spalle la bimba dondolava dolcemente.

Era in cima, Vari afferrò la piccola e saltò sul muro scuro antivibrazione poi un rombo violento segnò il passaggio di Shantom, Van si lanciò a capofitto oltre il muro e cadde supino dai tre metri di dislivello, perse i sensi.

Quando si riprese si ritrovò voltato e preso a schiaffetti dalla bimba che aveva salvato, la quale cercava di rianimano, vide intorno tutta una folla di curiosi riunitasi per gustarsi l’evento.

Stordito ebbe solo il tempo di sentire la voce delicata di lei che timidamente rivelò le intensioni che l’avevano portata sulla pista:

-Ciao Van!-

Poi vide che tra le mani gli porse una sua foto che lo ritraeva mentre correva, evidentemente voleva un suo autografo. Le chiese il nome.

Di questa avventura non restano immagini, resta solo la rapidissima cronaca che qui abbiamo raccontato, ma resta una foto laser in qualche strana abitazione di un lontano pianeta con sopra scritto:

 

-In ricordo dell’ unica corsa che non ho mai vinto, ma in cui ho riportato la più bella vittoria della mia vita,                           A Truphy,

 

Van Prisco.

Fine